Area Psico-Sociale

“DRITTI AL CUORE”

Articolo tratto dal sito www.magazine.centrodivenire.net, scritto da Patrizia Pascucci pubblicato il 2 Maggio 2020.

Nei giorni della pandemia, ho avuto modo di fare diversi interventi di psicologia dell’emergenza. Sono entrata in contatto con differenti tipi di situazioni: chi ha vissuto nella propria famiglia drammi reali, chi ha assistito – dalla prima linea – a sofferenze e perdite quotidiane, chi immerso in uno scenario incontrollabile e preoccupante ha risuonato sulle frequenze della paura, se non del terrore.

In tutti questi casi, le persone hanno però trovato la forza di chiedere un aiuto, di tendere una mano, nonostante la loro disperazione o il panico. Quello che mi ha toccato profondamente è notare come, in questi frangenti, le parole di supporto – possibile anche solo attraverso il canale verbale, a distanza – hanno sortito effetti potenti.

In questi casi, il tipo di intervento non è volto a “toccare” aspetti psicologici profondi e magari pregressi delle persone che spesso hanno esperienze difficili o irrisolte preesistenti. L’obiettivo, infatti, è quello di accompagnare le persone a trovare una stabilizzazione, di aiutare chi è in una fase di scompenso a ritrovare un funzionamento il più possibile sano, efficace e – quando opportuno – analogo a quello che viveva prima dell’emergenza. Sembra incredibile ma, anche delle semplici parole, al telefono, possono compiere quello che in certi casi appare come una vera e propria trasformazione. Cosa rende possibile questa sorta di miracolo?

La risposta di un altro essere umano che è presente, in ascolto empatico, le tecniche di stabilizzazione e di contenimento sono certamente fattori di estrema importanza che rendono un supporto psicologico, seppur a distanza, utile ed efficace. Ma vorrei mettere il focus su ciò che accade interiormente a chi chiede aiuto. In una condizione imprevista e incontrollabile di grande dolore o di estrema paura, il primo sistema di risposta che si attiva è quello del coinvolgimento sociale. Questo sistema si attiva per primo anche in condizioni di allerta non eccezionali. Lo possiamo vedere nei bimbi che, cadendo a terra durante un gioco, prima ancora di piangere volgono lo sguardo alla madre, per cogliere la sua reazione e, in funzione di quest’ultima, rispondere con le lacrime o con il sorriso. Lo possiamo verificare noi stessi quando, in uno stato di allarme, guardiamo chi ci circonda per orientarci e, anche solo con uno sguardo, stabilire delle connessioni. Se questo è ciò che accade normalmente, in uno stato di emergenza succede qualcosa di ancor più significativo. Le nostre difese, quando ci sentiamo fortemente vulnerabili e chiediamo aiuto, sono abbassate, siamo disponibili ad incontrare l’altro in uno stato di grande apertura (un altro “buono”, nel senso che è mosso da intenzioni positive e che percepiamo muoversi in modo “buono”). Ci “affidiamo” all’altro, anche se è sconosciuto, fiduciosi, superando molte delle nostre resistenze.

Tante persone, dopo gli interventi di sostegno, hanno commentato che mai avrebbero pensato di ricevere un aiuto così importante . Non perché un sostegno psicologico telefonico di uno o due colloqui sia magicamente portentoso, ma perché queste persone hanno “lasciato entrare” l’aiuto esterno come un balsamo curativo, senza opposizione e con gratitudine. Credo che sia questo il vero miracolo: accedere a questo stato d’animo, di grande apertura e di riconoscenza. È una possibilità dell’essere che abbiamo dentro di noi, e chi la prova difficilmente se ne dimenticherà. Credo che sia un’esperienza veramente trasformativa, che a mio avviso cambia nel profondo chi la sperimenta. Sia in termini di fiducia nella vita, sia in termini di conoscenza di se stessi. In qualche occasione quando si ha la sensazione di non avere risorse, di non potercela fare, è come se il nostro sistema “giocasse un jolly”, facendoci mollare ogni resistenza e “premiandoci” poi con un senso di appartenenza e di connessione molto più ampio, profondo e significativo di quello che scaturisce dalle continue e spesso superficiali interazioni quotidiane o di routine.

In quello spazio profondo, senza veli, la connessione umana diventa fortissima, vitale, nutriente, significativa. E contattare quella modalità può cambiare il nostro modo di guardare al mondo e di guardare a noi stessi.

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