L’abitudine al movimento dovrebbe essere promossa fin dalla prima infanzia, soprattutto attraverso il buon esempio. Solo in seguito si proporrà la sperimentazione di sport specifici, assecondando i desideri dei bambini
La famiglia, la scuola e lo sport sono i contesti in cui il bambino cresce, matura, si educa e si forma. Ci si occupa tanto, giustamente, di famiglia e di scuola, ma un po’ meno di sport. Eppure anche questa dimensione non andrebbe trascurata.
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Lo sport, tra piacere e fatica
Lo sport coniuga il piacere e l’impegno della mente e del corpo, ed è fondamentale come esperienza relazionale poiché permette di sperimentare, fin dalla prima infanzia, varie modalità di entrare in relazione con gli altri. Può inoltre regalare sogni e aprire prospettive per la realizzazione della propria personalità.
Ai bambini, in genere, piace fare attività fisica, e non nutrono forti sentimenti agonistici o la necessità di prevalere sugli altri, almeno fino a quando non “assorbono” queste inclinazioni dal comportamento degli adulti: l’importanza dello sport sta proprio nel gioco come confronto non solo con i coetanei, ma soprattutto con le proprie capacità e i propri limiti.
La Carta dei Diritti dei Bambini dell’UNESCO, fin dal 1992, sostiene che il bambino, facendo attività fisica, ha il diritto di divertirsi e giocare «come un bambino»; del resto nella stessa parola “sport” è insita la nozione di divertimento (è etimologicamente legata a “diporto”, che è, appunto, svago, divertimento).
Avere il diritto di fare sport significa che se un bambino o una bambina desiderano iniziare a praticare una disciplina sportiva di loro scelta, l’adulto dovrebbe cercare di assecondare questo desiderio, offrendo loro le migliori condizioni possibili e inserendoli in un ambiente sano dove vengano trattati con dignità e dove siano circondati da persone qualificate.
Dal movimento non strutturato alle discipline sportive
Ma come avvicinare i bambini allo sport? Innanzitutto, i genitori possono incoraggiare l’attività fisica non strutturata fin da subito, dando ai figli il buon esempio: camminare, correre, nuotare insieme, coinvolgere tutta la famiglia in attività motorie all’aria aperta sono i modi migliori per “contagiare” i bambini con la passione per il movimento che, se sviluppata in tenera età, è probabile che li accompagnerà anche nella vita adulta, con vantaggi significativi per il loro benessere psicofisico.
Quando poi si tratta di scegliere un’attività strutturata, i papà e le mamme chiedono spesso al pediatra verso quale sport sia meglio indirizzare i propri figli. A questo proposito, le Società Scientifiche Pediatriche hanno elaborato le Linee di indirizzo sull’attività sportiva per le differenti fasce di età, con riferimento a situazioni fisiologiche e fisiopatologiche e a sottogruppi specifici di popolazione, che rappresentano un buon punto di riferimento.
Il bambino può essere attratto fin da subito da una specifica attività fisica, ma è più probabile che, prima di decidersi per qualcosa, voglia provare a cimentarsi in diverse discipline. Consentire questa sperimentazione è importante, perché dà la possibilità al piccolo di imparare a conoscere meglio il proprio corpo, di esercitare diverse schemi motori, di scoprire l’attività sportiva più adatta alle proprie caratteristiche fisiche e mentali.
Sarà cura dei genitori trovare una buona associazione sportiva in cui inserire il bambino, che favorisca il piacere di praticare sport senza aspettarsi o pretendere risultati eccellenti (e lo stesso, ovviamente, vale per la famiglia).
Contro ogni discriminazione
Recentemente è stata firmata una nuova legge sullo sport che incoraggia e tutela tutti coloro che desiderano praticare attività sportive, compresi bambini e bambine. Tale legge (Decreto Legislativo n. 36 del 28 febbraio 2021 recante il riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici) si basa sul principio che l’esercizio dell’attività sportiva, individuale o collettiva, svolta in forma professionistica o dilettantistica, è libero.
La normativa promuove inoltre la parità di genere nello sport a tutti i livelli e sostiene lo sport al femminile, riconoscendo il professionismo anche per le atlete, maggiori tutele assicurative e assistenziali e il loro inserimento in ruoli di gestione e di responsabilità nelle società e istituzioni sportive.
D’altra parte, è bene ricordarlo, non esistono sport da maschi e sport da femmine: tutti devono poter praticare qualsiasi sport. Ci sono bambini attratti da discipline che un tempo erano appannaggio femminile, ad esempio il nuoto sincronizzato o la ginnastica ritmica, e ci sono bambine interessate a discipline sportive che per lungo tempo sono state tradizionalmente riservate ai maschi, come il calcio o il pugilato. Le aspettative della famiglia non dovrebbero condizionare i comportamenti dei piccoli: sostenere una scelta controcorrente vuol dire far sentire i ragazzi e le ragazze capiti e accolti nella loro specificità; significa valorizzare le differenze con coraggio e senza pregiudizi.
Affinché lo sport diventi sempre più un luogo di inclusione e rispetto, nel 2010 è stato istituito anche l’Osservatorio contro le discriminazioni nello sport, con lo scopo di monitorare gli episodi di discriminazione e intolleranza legati non solo al genere, ma anche al colore della pelle, al credo religioso, alle caratteristiche fisiche, e che spesso si verificano proprio in quegli ambienti amatoriali e dilettantistici dove si formano i giovani sportivi e le giovani sportive.
Articolo pubblicato sul sito www.uppa.it il 21.12.2021, scritto da Patrizia Seppia (pediatra)