Anche in Italia ultimamente siamo testimoni di una preoccupante diffusione del bullismo e del cyberbullismo in particolare, soprattutto tra i giovanissimi.
Esistono vari mezzi per diffondere il cyberbullismo: chat, social, messaggi contenenti minacce. Un’indagine effettuata dall’ISTAT del 2014 dimostrano che le violenze online sono comunque molto meno frequenti di quelle nel mondo offline, il che avvalora la tesi che in nessun modo la tecnologia sia da demonizzare e che sicuramente il cyberbullismo prima di essere un fenomeno “tecnologico sia un fenomeno sociale, da ascrivere ad una socialità aggressiva, discriminatoria, violenta e segnata da disagio…
Sicuramente la sorveglianza degli adulti può fare la differenza come può farla anche un utilizzo responsabile, consapevole da parte delle nuove generazioni, quindi si dovrebbe parlare più di educare le generazioni alla tecnologia più che considerare quest’ultima la pietra di tutti i mali.
È piuttosto significativo che tra i ragazzi che hanno l’accesso online tramite PC o smartphone, il 5,9% denunci di avere subito ripetutamente azioni vessatorie tramite sms, e-mail, chat o sui social network. Si tratta comunque di una percentuale inferiore rispetto a quella di chi subisce violenza ripetuta sotto forma di atti di bullismo. Per la maggior parte dei giovani vittime di cyberbullismo sono ragazze, per lo più tra gli 11 e i 17 anni; il 7,1% delle ragazze sono state oggetto di vessazioni, contro il 4,6% dei ragazzi.
E tra i ragazzi sono più i giovani a subire di più: circa il 7% degli 11-13 anni dichiara di essere stato vittima una o più volte al mese di cyberbullismo nell’ultimo anno, contro il 5,2% di chi ha un’età compresa tra i 14 e 17 anni.
È il Telefono Azzurro a riportarci un report preoccupante: i bulli sono generalmente maschi (60% dei casi) e amici o conoscenti della vittima. Le ragazze sono responsabili del 25% dei casi in cui la bulla agisce da sola, cui si aggiunge un 15% in cui opera in gruppo.
A rappresentare una maggiore vulnerabilità sono le caratteristiche fisiche, l’orientamento sessuale e la cultura di origine. Si è anche notato che i bambini e gli adolescenti che assumono il ruolo di “bullo” hanno una probabilità di avere precedenti penali prima dei 30 anni di età nel 25% dei casi.
Le difficoltà emotive e comportamentali sperimentate dalle vittime e dai bulli possono continuare anche in età adulta producendo outcomes negativi a lungo termine, come per le vittime una bassa autostima e con scarso valore di sé, una maggiore tendenza alla depressione; per i bulli a comportamenti antisociali o vandalici, all’uso e abuso di sostanze, fino all’aggregazione in gang o allo sviluppo di comportamenti criminali.