Aumentate le spese a carico delle parti dopo la Riforma Cartabia: violati i principi della Corte di Giustizia Europea? (Tribunale Verona, ordinanza 24 novembre 2023)
Le norme sulla mediazione civile obbligatoria devono essere disapplicate in quanto contrarie alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea. Prevedono a carico delle parti costi piuttosto significativi. Ciò a maggior ragione dopo l’entrata in vigore del D.M. 24 ottobre 2023, attuativo delle modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia, che determina un incremento dei complessivi costi che le parti devono sostenere per la mediazione obbligatoria.
È quanto stabilito dal Tribunale di Verona con l’ordinanza 24 novembre 2023 (testo in calce).
Il provvedimento punta il dito contro i costi a carico delle parti nei procedimenti di mediazione civile, soprattutto in riferimento alle materie per le quali il tentativo di mediazione è richiesto quale condizione di procedibilità della domanda.
Dopo la Riforma Cartabia, i costi per i procedimenti di mediazione che si arrestano al primo incontro variano da un minino di euro 364,00 per le controversie di valore più basso ad un massimo di euro 1.596,00 per le controversie di valore più elevato. Spese troppo elevate, incompatibili – secondo il tribunale – con il principio della tutela giurisdizionale effettiva, sancito dalla CEDU e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
Sommario:
- Il fatto
- Interpretazione dubbia
- Mediazione obbligatoria
- I principi della Corte di Giustizia europea
- Assistenza difensiva obbligatoria
- Spese di mediazione
- Costi troppo elevati?
- Considerazioni conclusive
1. Il fatto
La questione presa in esame nell’ordinanza in commento riguarda un giudizio promosso dall’ex cliente contro il proprio avvocato per responsabilità professionale ed inadempimento del contratto di prestazione d’opera professionale.
L’ex cliente aveva escluso di dover esperire il tentativo obbligatorio di mediazione, ritenendo la materia del contendere non ricompresa tra quelle per le quale il procedimento di mediazione è richiesto quale condizione di procedibilità della domanda.
Il giudice veronese ha invece ritenuto la controversia soggetta a mediazione, alla luce del disposto dell’art. 5, comma 2, del D.lgs. 28/2010, come sostituito dall’art. 7, lett. e) del D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (Riforma Cartabia), che, a decorrere dal 30 giugno 2023, ha ampliato il novero delle controversie sottoposte all’obbligo del preventivo tentativo di conciliazione obbligatorio, inserendovi anche quelle in materia di contratto d’opera (art. 2222 c.c.), e quindi – si legge nella sentenza – “anche quelle, come la presente, in materia di contratto di prestazione d’opera intellettuale”.
2. Interpretazione dubbia
Un’applicazione “estensiva” della norma che, invero, lascia non pochi dubbi. Infatti, il “contratto d’opera”, cui fa riferimento il nuovo art. 5 del D.lgs. 28/2010, è regolamentato dal Codice civile (Libro V – Del lavoro; Titolo III – Del lavoro autonomo; Capo I – Disposizioni generali) quale situazione in cui “una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente” (art. 2222 c.c.). Viceversa, la “prestazione di opera intellettuale” è regolata separatamente nel Codice civile (Libro V – Del lavoro; Titolo III – Del lavoro autonomo; Capo II – Delle professioni intellettuali), quale forma speciale caratterizzata dalla necessaria iscrizione in Albi, Ordini o Collegi (art. 2229 c.c.), cui viene dedicata una disciplina specifica.
In ogni caso, esaminiamo la questione che maggiormente ci interessa in questa sede.
3. Mediazione obbligatoria
Il Tribunale di Verona, ritenuto necessario il tentativo obbligatorio di mediazione, ha però disapplicato la legge ritenendola contraria al principio comunitario della tutela giurisdizionale effettiva.
Secondo il giudice, la norma in tema di mediazione sopra citata è in contrasto con i principi fondamentali della U.E., a maggiore ragione a seguito dell’entrata in vigore, il 15 novembre 2023, del D.M. 24 ottobre 2023, n. 150, che, tra le altre cose, ha elevato gli importi delle spese per la mediazione, determinando un incremento dei complessivi costi che le parti devono sostenere per la mediazione obbligatoria, che – sottolinea il giudice – sono comprensivi di quelli per l’assistenza difensiva obbligatoria.
4. I principi della Corte di Giustizia europea
Il tribunale fonda il proprio ragionamento sui principi sanciti dalla Corte di Giustizia U.E. Richiama, in particolare, la sentenza n. 457 del 14/06/2017, nella quale la Corte indica i presupposti per poter ritenere le forme di Alternative Dispute Resolution methods (ADR) obbligatoria compatibili con il principio comunitario della tutela giurisdizionale effettiva, sancito dagli artt. 6 e 13 della CEDU e dall’art. 47 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, a prescindere dalla qualità soggettiva delle parti.
Secondo la Corte di Giustizia, le forme di ADR sono compatibili con i principi europei se la procedura soddisfa congiuntamente tutte le seguenti condizioni:
- Non conduca ad una decisione vincolante per le parti;
- Non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale;
- Non generi costi, ovvero generi costi non ingenti per le parti;
- che la via elettronica non costituisca l’unica modalità di accesso alla procedura e che sia possibile disporre di provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone.
5. Assistenza difensiva obbligatoria
Ora, ad avviso del tribunale veneto la norma nazionale di mediazione obbligatoria non rispetterebbe la terza condizione, perché “prevedendo anche l’assistenza difensiva obbligatoria (art. 8 co. 5 d.lgs. 28/2010) comporta dei costi non contenuti per le parti, tenuto conto dei criteri di determinazione di avvocato attualmente vigenti”.
Secondo il tribunale, l’esborso al quale le parti sono tenute nei confronti dei rispettivi avvocati è “consistente”, tenuto conto anche degli importi dei valori medi di liquidazione fissati dal D.M. 147/2022. I costi rimangono significativi anche se il procedimento di mediazione si conclude al primo incontro. Non giova ad un contenimento dei costi di assistenza nemmeno il carattere discrezionale dei parametri citati, “poiché esso, inevitabilmente, determina soluzioni diversificate mentre per raggiungere quell’obiettivo sarebbe necessaria la fissazione per via normativa di importi fissi inderogabili, ovvero una sorta di calmiere, analogamente a quanto previsto per le spese di mediazione”.
6. Spese di mediazione
Il D.M. 180/2010 ha stabilito marcate riduzioni del compenso per il mediatore per i casi di “mediazione obbligatoria” e per l’ipotesi in cui il procedimento si arresti al primo incontro.
Il nuovo D.M. 150/2023 prevede, però, che si debbano versare, per la sola partecipazione al primo incontro, oltre alle spese vive di avvio (da 40 a 110 euro, in base al valore della lite) anche le spese di mediazione, comprendenti il compenso del mediatore (da 60 a 170 euro).
Importi che vanno ridotti di un quinto quando la mediazione è condizioni di procedibilità della domanda o quando è demandata dal giudice.
7. Costi troppo elevati?
Anche tenendo conto delle riduzioni, il costo della mediazione che si arresta al primo incontro varia da un minino di euro 364,00 per le controversie di valore più basso (euro 80 per le spese di mediazione, senza spese vive, oltre a euro 284 per il compenso per il difensore per la fase di attivazione) ad un massimo di euro 1.596,00 per le controversie di valore più elevato (euro 226,00 per le spese della mediazione, senza spese vive, oltre ad euro 1.370,00 per i compenso del difensore per la fase di attivazione).
Nel caso di specie, in considerazione del valore della controversia, il costo sarebbe di euro 1.234,00.
Una spesa significativa per le parti, secondo il tribunale di Verona, che ha deciso di disapplicare l’art. 5 comma 1 del d.lgs. 28/2010.
Tale norma – si legge nell’ordinanza – “essendo fonte, sia pure indiretta, di costi non contenuti per le parti, va disapplicata in quanto in contrasto con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”.
8. Considerazioni conclusive
L’ordinanza in commento ha il merito di accendere i riflettori su un aspetto – quello dei costi a carico delle parti – che rappresenta uno degli aspetti più delicati della mediazione civile.
Certamente, l’assistenza obbligatoria degli avvocati nei procedimenti di mediazione è compatibile con i principi europei, purché ciò non generi costi elevati per le parti, non in linea con i principi sanciti dalla Corte di Giustizia Europea.
Tuttavia, il percorso logico seguito dal giudice per motivare la disapplicazione della norma sulla mediazione obbligatoria presta il fianco a diverse criticità.
Anzitutto, lasciare al singolo giudice la valutazione circa la compatibilità o meno dei costi “significativi” e, di conseguenza, la decisione di applicare o meno la mediazione obbligatoria al singolo caso concreto, crea un meccanismo eccessivamente discrezionale, con il rischio di eludere l’ordine processuale stabilito (tentativo di mediazione, procedimento di merito) e rinunciando alle opportunità della mediazione.
Detto in altri termini, bisogna fare attenzione a che la poca convenienza economica (valutata da chi?) non rischi di costituire il pretesto per evitare procedimenti di mediazione che si riducano esclusivamente in un passaggio formale e fine a sé stesso sulla base di una valutazione discrezionale (anche in questo caso, valutata da chi?) che porti ad azionare una procedura giudiziaria, incaricando il giudice dell’onere di valutare se la procedura di mediazione potrebbe – astrattamente – essere funzionale o meno alla risoluzione della controversia.
Sotto altro profilo, tralasciano i forti dubbi – già evidenziati prima – circa la non riconducibilità del contratto di prestazione d’opera intellettuale tra le materie di mediazione obbligatoria, il giudice veneto sembra non aver sufficientemente considerato, nel suo ragionamento, le forme di incentivo economico che il Legislatore ha previsto proprio per adeguare la disciplina nazionale ai principi di diritto europeo e contemperare i costi vivi sostenuti per le procedure di mediazione:
- Riduzione di 1/5 del costo della procedura nei casi di mediazione obbligatoria o demandata dal giudice;
- Credito fiscale;
- Patrocinio a spese dello Stato.
Per quanto riguarda il credito fiscale non convince quanto sostenuto nell’ordinanza, secondo cui: “si tratta di una posta incerta sia nell’an che nel quantum mentre il costo che la parte deve sostenere è effettivo e immediato”.
Stesso discorso per il patrocinio a spese dello Stato.
Il fatto che la procedura di mediazione consenta di beneficiare del patrocinio – ovverossia quella forma di contribuzione di parte pubblica che permette agli indigenti di acquisire le prestazioni di un professionista, il cui costo sarà sostenuto dallo Stato medesimo – rende per molti aspetti debole il percorso logico-giuridico seguito dal giudice per motivare la disapplicazione della norma sulla mediazione obbligatoria.